Infermieri stranieri, FNOPI: “Ordini centrali per certificare la qualità dei professionisti”
Torni prioritario il ruolo degli ordini per la verifica della formazione universitaria, della preparazione clonica e delle conoscenza della lingue nell’interesse prioritario dei pazienti
“Le soluzioni tampone sulla carenza infermieristica, come gli accordi con Paesi extraeuropei, non ci vedono certo sulle barricate, ma come Federazione auspichiamo un cambio di paradigma e una programmazione complessiva che tenga conto di una maggiore attrattività della professione e delle nostre proposte operative e concrete già avanzate in tutte le sedi”.
Lo comunica, in una nota, la FNOPI, Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche.
Rispetto alla possibilità di stringere accordi con l’India, la FNOPI, oltre a chiedere evidenza dei protocolli già sottoscritti con altri Paesi come il Giappone, ribadisce “l’assoluta centralità dell’Ordine professionale quale ente sussidiario dello Stato e come garante del cittadino, nelle fasi di certificazione in entrata della conoscenza della lingua italiana e dove necessario della normativa professionale, così come auspica che si torni ad esercitare la verifica, attraverso gli Ordini territoriali, delle competenze accademiche e relativa certificazione del titolo di studio come accadeva regolarmente in epoca pre Covid per la verifica della competenza dei percorsi di studi, della conoscenza della lingua e della deontologia affinché nel nostro Paese non esistano assistiti di serie A e assistiti di serie B rispetto alle competenze infermieristiche”.
Secondo i dati della Federazione, gli infermieri stranieri presenti in Italia al 31 dicembre 2022, con regolare procedura di ingresso, erano 25.061. Ma a questo dato bisogna aggiungere circa undicimila infermieri immessi durante la pandemia da Covid-19, e altri 1.800 per gli effetti del decreto Ucraina, per un totale di circa 38 mila unità.
“Questa fase delle deroghe all’esercizio professionale istituita durante il periodo pandemico è una fase che adesso dobbiamo chiudere – continua la FNOPI -. È necessario valorizzare innanzitutto gli infermieri che hanno studiato e svolto il tirocinio in Italia, agendo su tutte le leve a disposizione per trattenerli nel nostro Servizio sanitario nazionale, scongiurando le fughe all’estero” spiega la Federazione, sottolineando l’allarme lanciato dagli Ordini degli infermieri della Lombardia che hanno chiesto alla Regione di intervenire per evitare la migrazione verso la Svizzera. “Come preannunciato dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, è arrivato il momento di mettere in campo strumenti ad hoc per favorire il rientro dall’estero dei troppi infermieri che hanno lasciato il nostro Paese”.
Occorre inoltre lavorare, secondo la FNOPI, sulle radici profonde della disaffezione alla professione. Vale a dire: l’aspetto economico (gli stipendi degli infermieri italiani sono mediamente il 40% al di sotto della media degli altri Paesi europei) e l’aspetto organizzativo (è una professione che ha scarsi sviluppi di carriera e che soffre di modelli ancorati a logiche vecchie, non più attuabili nell’attuale complessità del sistema).